SENTENZA N. 459 – ANNO 2005

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

  • Annibale MARINI, Presidente;
  • Giovanni Maria FLICK, Giudice;
  • Francesco AMIRANTE, Giudice;
  • Ugo DE SIERVO, Giudice;
  • Romano VACCARELLA, Giudice;
  • Paolo MADDALENA, Giudice;
  • Alfio FINOCCHIARO, Giudice;
  • Alfonso QUARANTA, Giudice;
  • Franco GALLO, Giudice;
  • Luigi MAZZELLA, Giudice;
  • Gaetano SILVESTRI, Giudice;
  • ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Emilia- Romagna 1° febbraio 2000, n. 4 (Norme per la disciplina delle attività turistiche di accompagnamento), promosso con ordinanza del 4 agosto 2003 dal Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, sul ricorso proposto da Aldrovandi Andrea ed altri contro la Regione Emilia-Romagna, iscritta al n. 814 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visti gli atti di costituzione di Aldrovandi Andrea ed altri e della Regione Emilia-Romagna;

udito nell’udienza pubblica dell’11 ottobre 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi gli avvocati Francesco Fabbri per Aldrovandi Andrea ed altri e Emanuele Coglitore per la Regione Emilia-Romagna.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza n. 103 del 4 agosto 2003, notificata il 5 settembre 2003 e rubricata al n. 814 del registro ordinanze del 2003, il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, Sezione II, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Emilia-Romagna 1° febbraio 2000, n. 4 (Norme per la disciplina delle attività turistiche di accompagnamento), limitatamente all’inciso “ambienti montani”, per violazione dell’art. 117 della Costituzione, nel testo vigente prima della riforma operata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Premette il rimettente che il giudizio a quo ha origine dall’impugnazione del bando di concorso pubblico per l’accesso alla sessione speciale di esami per conseguire l’abilitazione di guida ambientale escursionistica in Emilia-Romagna e che il giudizio è stato instaurato da alcune guide alpine (iscritte al relativo albo professionale), nonché da maestri di alpinismo ed accompagnatori di montagna, in relazione all’interesse vantato da tali soggetti all’annullamento dei provvedimenti che, attuando la legge regionale n. 4 del 2000, renderebbero operativa la figura della guida escursionistico-ambientale da essa prevista, le cui funzioni sono ritenute in parte corrispondenti a quelle delle summenzionate figure professionali, con conseguente pregiudizio per gli interessi delle appartenenti a queste ultime.
    Con ordinanza del 19 dicembre 2001, il giudice a quo aveva sollevato una prima volta la questione di legittimità costituzionale oggi in esame; questa Corte, tuttavia, con ordinanza n. 420 del 2002, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione, in quanto il giudice rimettente non aveva preso in considerazione la modifica dell’art. 117 Cost., invocato come parametro del giudizio, ad opera della legge costituzionale n. 3 del 2001, entrata in vigore prima del deposito dell’ordinanza di rimessione.
    Con la nuova ordinanza introduttiva del presente giudizio, il giudice a quo ripropone la medesima questione, specificando di individuare il parametro costituzionale nel testo dell’art. 117 Cost. vigente al momento dell’emanazione della legge regionale della cui legittimità costituzionale egli dubita e degli atti che a tale legge hanno dato attuazione, impugnati nel giudizio a quo, rilevando come da un lato, «il giudizio instaurato è di natura impugnatoria e tende all’annullamento di un provvedimento autoritativo la cui legittimità deve esser valutata sulla base del principio ‘tempus regit actum’; dall’altro, l’interesse al ricorso deve esser valutato con riferimento esclusivo all’eliminazione di quel medesimo provvedimento ed al ripristino della situazione giuridica ad esso precedente ed in tali termini tuttora persiste».
    Con queste premesse, il rimettente ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 4 del 2000, limitatamente all’inciso “ambienti montani”; secondo il giudice a quo, il legislatore regionale avrebbe istituito una nuova figura professionale, la guida ambientale-escursionistica, cui avrebbe riconosciuto una serie di compiti che in parte verrebbero a sovrapporsi a quelli delle guide alpine, precisamente nella misura in cui le guide escursionistiche siano abilitate a svolgere le loro attività “in ambienti montani”.
    Il rimettente, infatti, mentre esclude che l’attività delle guide escursionistiche possa essere ricondotta alla materia “sicurezza pubblica”, come sostenuto dai ricorrenti, con conseguente esclusione di ogni potestà legislativa regionale, ravvisa una violazione, per norma interposta, dell’art. 117, primo comma, della Costituzione nel testo vigente prima della riforma operata dalla legge cost. n. 3 del 2001, dal momento che la disciplina delle guide alpine dovrebbe essere considerata afferente alla potestà legislativa ripartita fra lo Stato e le Regioni. La disposizione della cui legittimità costituzionale dubita il rimettente si porrebbe in contrasto con gli artt. 1, 2, 3 e 21 della legge 2 gennaio 1989, n. 6 (Ordinamento della professione di guida alpina), in quanto «nel consentire alla nuova figura professionale della guida ambientale-escursionistica l’attività di accompagnamento di persone singole o gruppi di persone anche in ambienti montani […] appare confliggere con la legge quadro statale del 2.1.1989 n. 6 che – nello stabilire i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina – prescrive, all’art. 2, primo comma, che essa “svolge professionalmente (…) le seguenti attività: a) accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio o in escursioni di montagna” (…) e, all’art. 2, secondo comma, che “lo svolgimento a titolo professionale delle attività di cui al comma primo, su qualsiasi terreno e senza limiti di difficoltà (…) è riservato alle guide alpine abilitate all’esercizio professionale e iscritte nell’albo professionale delle guide alpine (…), salvo quanto disposto dagli artt. 3 e 21”».
    La normativa statale quadro sancirebbe, dunque, una riserva a favore della figura professionale predetta per le attività di accompagnamento negli ambienti naturali sopra indicati, limitata da una duplice deroga: la prima (art. 3) atterrebbe all’articolazione interna alla professione di guida alpina nei due gradi di “aspirante guida” e di “guida alpina-maestro di alpinismo”; la seconda (art. 21) atterrebbe esclusivamente alla facoltà delle Regioni di prevedere la formazione ed abilitazione della figura professionale degli “accompagnatori di media montagna”.
    Quanto alla rilevanza della questione, osserva il rimettente che «l’eventuale caducazione della norma predetta a seguito di un accertamento di incostituzionalità della norma medesima comporterebbe la definizione della controversia in senso favorevole all’interesse fatto valere in giudizio dalla parte ricorrente».
  2. – Con atto depositato il 1° ottobre 2003 è intervenuta in giudizio la Regione Emilia- Romagna, chiedendo che la Corte dichiari “inammissibile e infondata” la questione e rinviando ad una successiva memoria l’articolazione delle proprie difese.
  3. – In data 4 novembre 2003 si sono costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio a quo.
    La difesa delle parti private rileva, in primo luogo, come la legge regionale n. 4 del 2000 abbia sostanzialmente sostituito la figura dell’accompagnatore di montagna – mediante l’abrogazione delle norme della legge regionale 1° febbraio 1994, n. 3 (Ordinamento delle professioni di guida alpina e di accompagnatore di montagna) contenenti i riferimenti a tale figura – con quella della guida ambientale-escursionistica, con compiti in parte corrispondenti a quelli delle guide alpine.
    Inoltre, prevedendo all’art. 2, comma 3, la possibilità di accompagnamento “in ambienti montani” di persone singole, o di gruppi, da parte della guida ambientale escursionistica, la legge censurata avrebbe «consentito di fatto di praticare attività che integrano l’esercizio della professione di guida alpina […] alle stesse guide ambientali escursionistiche».
    La figura di nuova istituzione garantirebbe poi, secondo le parti private, una minore tutela delle ragioni della sicurezza degli accompagnati, dal momento che le guide ambientali escursionistiche, «lungi dall’appartenere ad un Albo professionale gestito dal Collegio regionale, quale organo di autogoverno e di autodisciplina», sfuggirebbero «ai controlli connessi all’attività in esame, per volere della normativa statale, e finalizzati a garantire sia il livello qualitativo degli esercenti la professione, sia l’affidamento degli utenti».
    In subordine, i ricorrenti nel giudizio a quo prospettano la possibilità che la questione di legittimità costituzionale venga accolta assumendo quale parametro il testo attualmente vigente dell’art. 117, terzo comma, Cost., sul presupposto della riconducibilità della disciplina censurata alla materia delle “professioni”, affidata alla potestà legislativa concorrente, restando così «impregiudicato il rapporto tra leggi quadro dello Stato e leggi Regionali». In questo senso, la questione non muterebbe fisionomia pur nel rinnovato disegno costituzionale delle competenze legislative, vertendosi comunque in materia nella quale la Regione è priva del potere di disciplinare una figura professionale al di fuori dei principi fondamentali stabiliti da leggi statali.
    In proposito, le parti private osservano come i principi fondamentali concernenti la disciplina della professione di guida alpina siano tuttora contenuti nelle disposizioni della legge n. 6 del 1989; e come, d’altro canto, sia prima che dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, spetterebbe allo Stato individuare i tratti identificativi delle varie professioni, i loro contenuti ed i titoli richiesti per accedervi.
  4. – In prossimità della data fissata per la pubblica udienza, la difesa della Regione Emilia- Romagna ha depositato una memoria nella quale, in via preliminare, eccepisce l’improcedibilità e l’inammissibilità della questione sollevata dal TAR, dal momento che tale questione sarebbe stata prospettata indicando quale parametro l’art. 117, primo comma, Cost. nella formulazione anteriore alla riforma costituzionale del 2001, mentre la Regione ritiene che questa Corte, nella ordinanza n. 420 del 2002, abbia indicato quale parametro corretto il nuovo testo dell’art. 117 Cost.
    Nel merito, la Regione osserva che la legge regionale n. 4 del 2000 atterrebbe in via prevalente al settore del turismo e conterrebbe la disciplina delle attività professionali turistiche di accompagnamento, con finalità di valorizzazione del sistema turistico; secondo la ricostruzione della Regione, già prima della riforma del Titolo V della Costituzione tale settore sarebbe stato attribuito alla competenza regionale a seguito della soppressione del Ministero del turismo e la devoluzione e il conferimento di tutte le funzioni amministrative statali alle Regioni per effetto del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). D’altra parte, osserva ancora la difesa regionale, la disciplina delle attività turistiche assorbirebbe anche la individuazione, da parte delle Regioni, dei requisiti inerenti alle figure professionali che in tale settore operano.
    A maggior ragione, a seguito della modifica dell’art. 117 Cost. e della attribuzione della materia del turismo alla competenza esclusiva delle Regioni, non sarebbe configurabile alcuna invasione di competenze statali.
    In ogni caso, la questione sarebbe infondata anche in ragione del fatto che la legge regionale n. 4 del 2000 conterrebbe una esplicita garanzia del rispetto del distinto ambito di competenza delle guide alpine, di modo che la norma censurata non avrebbe inciso su competenze proprie di tale figura. Infatti, escludendosi espressamente che la guida ambientale escursionistica possa operare in percorsi di particolare difficoltà, posti su terreni innevati e rocciosi e in quelli che richiedono l’uso di particolari attrezzature e tecniche alpinistiche, la legge regionale impugnata sarebbe pienamente rispettosa di quanto prescritto dall’art. 2, comma 2, della legge n. 6 del 1989. Da quest’ultima norma emergerebbe che principio fondamentale della materia sarebbe la riserva per le guide alpine in rapporto al carattere tecnico e ai rischi della loro attività in determinati ambienti, mentre non rileverebbe di per sé l’ambiente montano, il quale non potrebbe essere considerato in sé stesso pericoloso. Mentre la legge statale n. 6 del 1989 avrebbe disciplinato la professione della guida alpina al fine di assicurare «adeguate garanzie di preparazione tecnica e professionale a tutela dell’incolumità degli alpinisti», la guida ambientale escursionistica sarebbe una professione tipicamente turistica, che “illustra” gli aspetti naturalistici ed ambientali degli ambienti anche montani, senza che possa aversi alcuna sovrapposizione con l’ambito riservato alle guide alpine.
    Quanto alla asserita violazione dei princîpi fondamentali conseguente alla soppressione della figura dell’accompagnatore di mezza montagna, la Regione osserva che tale figura professionale meramente facoltativa. Essa, inoltre, sarebbe del tutto eterogenea rispetto a quella della guida alpina attratta, nel precedente sistema costituzionale, nella sfera della legislazione statale».

Considerato in diritto

  • – Il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge regionale dell’Emilia-Romagna 1° febbraio 2000, n. 4 (Norme per la disciplina delle attività turistiche di accompagnamento), limitatamente all’inciso “ambienti montani”, per violazione dell’art. 117 della Costituzione, nel testo vigente prima della riforma operata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). La illegittimità deriverebbe dalla previsione secondo la quale la “guida ambientale escursionistica”, così come definita dalla disposizione oggetto di censura, può esercitare la propria attività professionale anche in “ambienti montani”, mentre la legge 3 gennaio 1989, n. 6 (Ordinamento della professione di guida alpina), riserverebbe l’attività professionale di accompagnamento in montagna alle guide alpine (nei due gradi di “aspirante guida” e di “guida alpina-maestro di alpinismo”) ed agli “accompagnatori di media montagna”, di cui rispettivamente agli artt. 2, 3 e 21 della citata legge n. 6 del 1989.
  • – In via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità della questione prospettata dalla Regione Emilia-Romagna e fondata sull’assunto che questa Corte, nell’ordinanza n. 420 del 2002, avrebbe indicato come parametro corretto nel presente giudizio di costituzionalità il nuovo art. 117 Cost. e non quello precedentemente vigente. Al contrario, l’ordinanza n. 420 del 2002 ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale all’epoca sollevata dallo stesso giudice rimettente, limitandosi a rilevare come nell’ordinanza di rimessione mancasse “ogni argomentazione al riguardo” dell’intervenuto mutamento costituzionale, malgrado che questo avesse interessato anche le materie legislative coinvolte dalla normativa oggetto del giudizio. L’ordinanza che oggi viene all’esame, al contrario, motiva in modo non implausibile sia la necessità di considerare il quadro delle competenze previsto nel precedente art. 117 Cost. ai fini di risolvere la controversia di cui al giudizio a quo, sia la sicura perdurante vigenza della legge n. 6 del 1989 anche nel presente contesto costituzionale (tanto più in quanto il terzo comma del nuovo art. 117 Cost. configura come concorrente la potestà legislativa nella materia delle “professioni”).
  • – Nel merito la questione non è fondata.
    Neppure il TAR rimettente dubita che le Regioni, già nel vigore del precedente regime costituzionale di riparto delle competenze, disponessero di un potere legislativo di tipo concorrente in tema di definizione e disciplina delle attività professionali nell’ambito turistico; ciò era reso evidente, in particolare, dalla prima disposizione di cornice intervenuta sul punto e cioè dall’art. 11 della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica), che affidava alle Regioni la funzione di accertare i requisiti per l’esercizio di tutta una serie di specifiche attività professionali nell’ambito turistico, individuate dalla stessa disposizione di legge, nonché per “ogni altra professione attinente al turismo”. In seguito, la legge n. 6 del 1989 e la legge 8 marzo 1991, n. 81 (Legge quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina), hanno esplicitamente stabilito analitici principi fondamentali per la legislazione regionale in riferimento solo a due delle figure professionali già previste nel richiamato art. 11 della legge n. 217 del 1983.
    Rispetto a questo sicuro spazio di competenza amministrativa e legislativa riservata alle Regioni, successivamente, altre leggi statali – precedenti la data di adozione della legge regionale in esame e relative alle conseguenze del referendum che aveva abrogato la legge istitutiva del Ministero del turismo (Decreto legge 29 marzo 1995, n. 97, recante “Riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport”) – nonché il completamento del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni (art. 43 e segg. del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”) hanno sostanzialmente confermato i poteri regionali in questa materia. Analogamente è da dirsi in riferimento a quanto previsto, peraltro successivamente all’esercizio del potere legislativo da parte della Regione Emilia-Romagna, dagli artt. 2, comma 4, lettera g), e 7, comma 5, della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo).
  • Di conseguenza, il problema si restringe alla determinazione dell’ampiezza delle attività professionali che la specifica normativa di cornice contenuta nella legge n. 6 del 1989 e riferita alle guide alpine riserva a tale figura; attività che, a motivo di tale riserva, non possono essere attribuite ad altre figure professionali operanti nell’ambito turistico. Da questo punto di vista, peraltro, ciò che distingue effettivamente tale figura professionale è, sulla base di quanto previsto dalla legge n. 6 del 1989, non già una generica attività di accompagnamento in aree montane (la cui esatta definizione, esprime l’art. 21, comma 2, della medesima legge). D’altra parte, anche l’art. 23 della medesima alpinistiche di cui al citato art. 21.
    È vero che la legge n. 6 del 1989 dispone altresì, all’art. 21, che le Regioni possano disciplinare la formazione e l’abilitazione di “accompagnatori di media montagna”, operanti in aree diverse da quelle riservate alle guide alpine, prevedendo che questa specifica attività professionale si svolga sotto la vigilanza del collegio regionale delle guide alpine, d’intesa con la Regione interessata. Si tratta però di una figura professionale facoltativa, che le Regioni possono disciplinare o meno, come appunto ha fatto la Regione Emilia-Romagna, dapprima prevedendola con l’art. 12 e seguenti della legge 1° febbraio 1994, n. 3 (Ordinamento della professione di guida alpina e di accompagnatore di montagna), e poi abrogando tali disposizioni con la legge n. 4 del 2000.
    Quest’ultima legge regionale, all’art. 2, comma 3, oggetto di censura nel presente giudizio, ha individuato, fra le diverse “professioni turistiche di accompagnamento”, anche la “guida- ambientale escursionistica”, figura comunque avente un profilo professionale alquanto differenziato dall’“accompagnatore di media montagna”, perché essenzialmente finalizzata ad illustrare “gli aspetti ambientali e naturalistici” dei diversi territori (montani, collinari, di pianura ed acquatici) e con esplicita esclusione “di percorsi di particolare difficoltà, posti su terreni innevati e rocciosi di elevata acclività, ed in ogni caso di quelli che richiedono l’uso di attrezzature e tecniche alpinistiche, con utilizzo di corda, piccozza e ramponi”.
    Dal momento che quindi non si erode l’area della figura professionale della guida alpina, ma si opera nell’area lasciata alla discrezionalità del legislatore regionale dalla vigente legislazione di cornice in materia turistica, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice rimettente si rivela priva di fondamento.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge della Regione Emilia-Romagna 1° febbraio 2000, n. 4 (Norme per la disciplina delle attività turistiche di accompagnamento), sollevata, limitatamente all’inciso “ambienti montani”, per violazione dell’art. 117 della Costituzione, nel testo vigente prima della riforma operata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dal Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.

Annibale MARINI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2005.

 

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