Termoregolazione – gestione del freddo

Continua la serie di approfondimenti, provocazioni, commenti a notizie sul tema del primo soccorso affrontati da Riccardo Sedola – Assistant Instructor della Wilderness Medical Association – per approfondimenti www.wildmed.com

 

 

Siamo in pieno inverno, fuori dalla mia finestra c’è una fitta nebbia padana e una pioggerellina fastidiosa che fa aumentare la voglia di sprofondare nel divano. Protetto al caldo della mia casetta pertanto ne approfitto per scrivere queste due righe su un argomento che a noi guide interessa particolarmente: il freddo.

La gestione del freddo è qualcosa che ci riguarda da vicino, in qualunque posto in cui accompagniamo e in qualunque stagione: anche se non facciamo ciaspolate o escursioni sulla neve, il freddo è sempre un potenziale pericolo con il quale doverci confrontare.
Per comprendere appieno le motivazioni di questa mia affermazione, bisogna considerare l’amore che madre natura prova nei confronti dell’equilibrio. Se c’è una cosa infatti che questa non tollera, è il fatto che due oggetti a contatto tra loro abbiano temperature diverse. Un corpo a 37° C sdraiato su un terreno a 10°C ad esempio è una vera cacofonia di temperature contro la quale madre natura sfodererà le leggi della termodinamica per poter ristabilire l’equilibrio. Il suo ambizioso obiettivo sarà quello di utilizzare il calore del corpo a 37° per scaldare il terreno ottenendo due risultati: scaldare di qualche centesimo di grado il terreno e raffreddare significativamente il corpo. Se il corpo è il nostro, la maggior parte delle volte ci sveglieremo infreddoliti maledicendo il fatto di esserci appisolati su un prato bagnato, ma se il raffreddamento continua, a causa di condizioni meteo sfavorevoli, abbigliamento inadeguato o infortunio che ci impedisce di muoverci… allora il rischio di ipotermia diventa più concreto. Proviamo a capirne di più.

LA TERMOREGOLAZIONE
Il nostro corpo funziona a una temperatura prossima a 37°. Il cervello gestisce la termoregolazione del nostro corpo per mantenere la temperatura il più possibile vicino a questo valore. Meccanismi come il sudore o i brividi rappresentano le prime reazioni del nostro corpo alle variazioni di temperatura. Il sudore favorisce la dispersione di calore, così come i brividi producono calore con esercizi involontari.
Naturalmente anche le nostre scelte in tema di abbigliamento hanno la loro importanza in termini di termoregolazione, ma questo riguarda la prevenzione. Per cui se abbiamo fatto una buona programmazione dell’escursione, abbiamo gestito bene lo sforzo e siamo adeguatamente equipaggiati, il nostro corpo dovrebbe essere in grado di mantenere la sua temperatura senza grossi problemi.

IL FREDDO
L’ipotermia è una condizione clinica molto precisa, che i medici descrivono con 4 diversi gradi ma che per le nostre finalità può essere ricondotta a 2 livelli: ipotermia lieve e ipotermia grave, a cui aggiungiamo cold challenge come stadio preliminare.
Non è necessario comunque arrivare all’ipotermia perchè il nostro corpo sperimenti i danni inflitti dal freddo. Anzi, può passare molto tempo prima di accorgerci di qualche sintomo visibile. In condizioni di freddo intenso o persistente infatti il calore si sposta verso il centro del corpo per preservare al meglio gli organi vitali. Cominciano i brividi e il fastidio che proviamo ci invita a metterci ulteriori vestiti per stare più caldi. In queste condizioni, anche se ci troviamo a temperature piuttosto basse, la nostra temperatura si conserva.
Muoverci, camminare, anche in presenza di basse temperature, ci dovrebbe sicuramente aiutare a non avere freddo;  ma improvvise soste, ad esempio per un infortunio o più semplicemente per compattare un gruppo numeroso con differenti andature, possono metterci a rischio di ipotermia anche a temperature apparentemente alte.

PRINCIPIO DI IPOTERMIA
Si tratta di quello che gli inglesi chiamano Cold Response e si tratta di quella condizione che generalmente si crea prima che l’infortunato, se non adeguatamente soccorso, finisca appunto in ipotermia. Il corpo cerca di compensare l’abbassamento di temperatura, portandolo verso gli organi centrali, i brividi invece cercano di aumentare la temperatura del corpo. I vasi periferici sono costretti per ridurre l’afflusso di sangue in superficie; ragione per cui l’assunzione di eventuali sostanze vasodilatatrici può contrastare il tentativo del corpo di difenderci dal freddo. Un esempio è l’alcool. La sua assunzione in un clima molto freddo dilata immediatamente i vasi sanguigni, apportando rapidamente sangue dal centro del corpo alla periferia. La sensazione è quella di benessere e calore, ma la realtà è che stiamo sottraendo sangue e quindi calore dagli organi centrali per portarlo all’epidermide… Insomma la grappa è buona, il vino pure, ma facciamolo in rifugio al termine della nostra escursione!
Altra informazione che noi guide dobbiamo avere chiaramente in testa è che l’energia spesa dal nostro corpo per ritornare a una temperatura normale è di gran lunga maggiore di quella spesa per mantenerla costante. Ragion per cui il nostro ruolo sarà quello di cercare di gestire i nostri clienti facendo in modo che non si raffreddino, dosando soste e fornendo consigli sull’abbigliamento. Non dovremmo cioè aver paura di consigliare di svestirsi a qualcuno che ha palesemente caldo o al contrario di vestirsi se sospettiamo che abbia freddo.
Ricordiamoci che l’acqua disperde calore circa 25 volte più velocemente dell’aria ed il cotone può assorbire fino a 27 volte il proprio peso in acqua, per cui una persona vestita di cotone bagnato (per cause esterne come pioggia o vento, o per cause interne come eccesso di sudore), avrà molta difficolta ad asciugarsi e sarà pertanto condannata a una continua dispersione di calore fino a che non si cambierà.
Questo implica che in un ambiente freddo, come un’escursione sulla neve, dovremmo prestare particolare attenzione a quei clienti che si presentano vestiti come esploratori polari e finiscono per sudare abbondantemente nonostante i nostri consigli.

Una volta che il nostro corpo comincia a raffreddarsi, i brividi e il tentativo di spostare calore verso gli organi interni tramite la vasocostrizione dei vasi periferici sono la prima reazione naturale. Questo implica un notevole lavoro per il nostro corpo e quindi un significativo dispendio calorico che dovremmo compensare.
Reintregrare la calorie perdute è quindi un efficiente metodo per riscaldare “dall’interno” un corpo che si sta raffreddando. Non dimentichiamo di reintregrare anche i liquidi, dato che una delle prima reazioni al freddo è proprio un aumento della diuresi che ci porta ad allontanare liquidi dal corpo.

In condizioni normali quindi siamo in grado di gestire un cliente infreddolito assicurandoci che indossi vestiti asciutti, o ancora meglio calibrando il ritmo e le soste in ambienti freddi per prevenirne la sudorazione. Se il raffreddamento continua e subentrano i brividi allora è necessario integrare le calorie perdute e dargli l’opportunità di generare calore fornendogli calorie a rapida assimilazione come zucchero o miele e bevande calde.
Se tuttavia, a causa di una sosta forzata o di un infortunio, l’esposizione al freddo e la dispersione di calore dovesse continuare allora entriamo nel campo di quella che chiamiamo ipotermia lieve. In questo caso l’infortunato non è in grado di ritornare alla sua temperatura originale senza un aiuto esterno, la temperatura corporea continuerà ad abbassarsi e i brividi diventeranno sempre più forti e incontrollabili. Anche il cervello comincerà a manifestare i primi sintomi di un evoluzione dello stato mentale. La persona ipotermica tenderà a diventare letargica, poco collaborativa, confusa o addirittura irritabile e ostile.
Si tratta di sintomi subdoli perché naturalmente una persona infreddolita è qualcuno già di per sè infastidito dalla situazione, non a suo agio e di sicuro qualcuno che non si sta divertendo, ma quello che cerchiamo è un’evoluzione del suo stato mentale, cioè vogliamo capire se ragiona e si comporta coerentemente con la propria personalità o se invece le sue reazioni e i suoi atteggiamenti sono sintomo di un abbassamento eccessivo della temperatura che sta influenzando lo stato mentale.

Per trattare una persona in queste condizioni dovremo cercare di riscaldarlo il più efficacemente e rapidamente possibile. Per cui in attesa dell’intervento di un soccorso organizzato dovremmo occuparci di:
•    isolarlo: dal terreno, dal vento, dalla fonte di freddo in generale;
•    proteggerlo: allo scopo di mantenere il calore corporeo il più possibile vicino al corpo. L’infortunato dovrà essere coperto con tutto quello che abbiamo a disposizione. Esistono molteplici tecniche a cui fare riferimento e nei nostri corsi solitamente facciamo diverse prove pratiche per simulare interventi di questo tipo. Quello che conta in questo caso è soprattutto l’improvvisazione e uso saggio del materiale a disposizione;
•    calorie e Liquidi caldi:  zucchero/miele per rimpiazzare le calorie “consumate” dai brividi, con lo scopo di “scaldarlo” dall’interno. “Nutri i brividi” diciamo noi !

In queste condizioni far muovere l’infortunato facendogli fare esercizio fisico per scaldarsi è estremamente pericoloso. I vasi sono fortemente costretti e l’esercizio fisico comporta una rapida dilatazione dei vasi che potrebbero portare a un rapido calo di pressione. Meglio accendere un fuoco e scaldarlo sul posto. Almeno fino a che non notiamo un miglioramento dello stato mentale e un ritorno al funzionamento “normale” del suo cervello.
Tenete conto che ci potrebbero volere anche più di 40 minuti di brividi, zucchero, fluidi e riscaldamento esterno prima che diventi sicuro per questa persona poter far esercizio autonomamente.

Se la temperatura corporea dovesse calare ulteriormente, i brividi cesseranno e l’infortunato perderà coscienza. Si tratta cioè di un’ipotermia grave che necessità un rapido trasporto in ospedale dell’infortunato. La temperatura del corpo ha raggiunto ormai un livello per il quale sarà impossibile per noi riscaldarla sul campo e potrà avvenire solo in ospedale, per cui sarà necessario poterlo trasportare il più velocemente possibile verso una struttura sanitaria

PREVENZIONE
La cosa più importante nel gestire le problematiche legate al freddo è che esse non riguardano solo l’eventuale infortunato seduto a terra, ma anche potenzialmente tutto il resto del gruppo che sta aspettando il nostro intervento. Per cui dobbiamo abituarci a considerare il rischio di una potenziale ipotermia tutte le volte che per qualche ragione siamo obbligati a tenere fermo il gruppo.
Tutto ciò dovrebbe farci intuire come nella maggior parte dei casi il freddo e l’ipotermia siano condizioni assolutamente prevedibili e anticipabili. Si tratta nella maggior parte dei casi di un evoluzione lenta e, per nostra fortuna con segni assolutamente evidenti che ci permettono di poter gestire l’escursione, l’attrezzatura, l’infortunato e il gruppo con sufficiente anticipo per evitare che la situazione evolva in maniera spiacevole.
Osservando i nostri clienti, vedendo come si comportano, come sono vestiti, parlando con loro abbiamo cioè tutto il tempo e gli indizi necessari per comprendere con sufficiente anticipo l’evoluzione di un problema legato al freddo.
Allo stesso tempo conoscere l’evoluzione di un ipotermi è un patrimonio fondamentale del background culturale di ogni guida che deve essere in grado di poter gestire un infortunio in un ambiente freddo, soprattutto laddove un soccorso organizzato può impiegare ore a raggiungerci.
L’inverno è una stagione splendida per le escursioni, non facciamoci cogliere impreparati.

Riccardo Sedola

Socio AIGAE Emilia Romagna
Iscritto al Registro Italiano Guide Ambientali Escursionistiche
Assisistant Instructor della Wilderness Medical Association

 

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